Se l’arte astratta non rappresenta la realtà e la fotografia rileva fedelmente il mondo che la circonda, come fa una foto ad essere astratta?
Ecco come fa: non rifugge la realtà ma la trasforma in un’altra realtà immaginaria, surreale, metafisica.
Scopriamo allora alcune declinazioni della fotografia astratta alla ricerca, se esiste, di un denominatore comune.
La principale distinzione riguarda la totalità o la parzialità dell’astrazione.
La fotografia totalmente astratta non consente di risalire con chiarezza al soggetto fotografato. Così l’osservatore è invitato a scoprire i contenuti di un mondo estetico e immaginario.
Invece la fotografia parzialmente astratta lascia trasparire elementi utili a coglierne il significato surreale e metafisico.
Le trame materiche e i colori
Accostamenti di colore per analogia o per contrasto sono tipici dell’arte astratta e della fotografia surreale.
Sapientemente composti, sono capaci infatti di evocare altro rispetto alle loro geometrie.
Anche la figura umana viene spesso trasfigurata da trame che distraggono l’osservatore e lo conducono altrove.
Le forme della fotografia astratta
Talvolta una ripresa non convenzionale dei piani e delle forme può rendere astratta una foto.
In questi casi l’immagine stimola la ricerca di un significato alternativo all’evidenza.
Si svela così una realtà immaginaria oltre a quella rivelata.
I generi fotografici
E’ giunto il momento di scoprire le astrazioni che influenzano molti generi fotografici.
Vediamone alcuni.
Fotografia espressionista astratta
L’espressionismo astratto in fotografia non fornisce alcuna certezza visiva. Gioca sulla casualità dei tratti di luce e di colore scomposti e ricomposti disordinatamente sul piano focale.
La fotografia espressionista astratta trasforma la realtà in una immagine libera da ogni coerenza descrittiva.
Fotodinamismo
In realtà la fotografia movimentista crea immagini trasfigurate dall’effetto dinamico del soggetto.
Sono proprio frammenti di fotografia movimentista composti in modo tale da creare l’impressione del movimento.
Un denominatore comune
All’inizio del nostro percorso ci eravamo proposti di cercare un denominatore comune per la fotografia astratta.
Poi abbiamo visto come l’astrazione si può trovare in molti se non in tutti i generi fotografici.
Per ogni fotografia allora si potrebbe pensare: se non si capisce cos’è vuol dire che è una foto astratta. Ma non è così.
Per giudicare se una fotografia è o non è astratta bisogna farsi un’altra domanda.
Riesco a percepire un significato oltre l’apparenza?
Forse però il vero denominatore comune è un altro, si chiama STUPORE.
Altro denominatore comune
Analogamente possiamo spingerci a considerare, oltre all’aspetto emotivo, anche quello tecnico.
E’ curioso perciò osservare che le foto astratte di Giacomo Bucci presenti in questa pagina, scattate tra il 1969 e il 2023, sono tutte fotografie movimentiste.
Ciascuna di loro è stata prodotta infatti con un solo scatto dell’otturatore senza filtri in ripresa e senza manipolazione in post produzione.
E’ la prova che l’intentional camera movement, come lo chiamano gli inglesi, possiede una notevole capacità di astrarre.
Per caso non è anche questo un altro denominatore comune? Chi lo sa?
Cos’è la fotografia astratta
Infine possiamo concludere che, per la complessità della materia, definire l’astrazione in fotografia è cosa ardua.
Infatti non è sufficiente riconoscere una realtà immaginaria diversa da quella fotografata.
La foto deve anche suggerire la soluzione all’enigma.
Quantomeno deve saper condurre alla ricerca del significato che ha voluto esprimere il fotografo.
Ma la vera fotografia astratta propone in ogni caso la magia di una suggestione.
Così l’osservatore viene invitato ad indagare e confrontarsi con le proprie personali emozioni.
Commenti
E’ opinione comune che l’astrattismo in pittura, come in fotografia, sia “facile”. Infatti, spesso si pensa che basti muovere a caso la fotocamera o che basti tracciare quattro righe con due macchie di colore per produrre un’opera astratta. Non è così. Se quelle righe e quelle macchie non suscitano nessuna emozione o nessuna curiosità, resteranno irrimediabilmente uno scarabocchio a colori. Allo stesso modo, una fotografia mossa resterà comunque una foto sbagliata se non “parlerà” a chi la guarda.
Può sembrare strano, ma la pittura astratta, così come la fotografia mossa, due tecniche apparentemente libere da ogni costrizione, hanno, in realtà, delle regole ben precise sull’accostamento dei colori, sull’armonia delle linee, sull’espressività delle sfumature. Poco è lasciato al caso e alla facilità. E non solo.
Aggiungo che non è poi così difficile coinvolgere l’osservatore quando gli si propone una rappresentazione fedele della realtà. Non è difficile perché si prende la via più breve e sicura. Chi non resta immediatamente colpito da un paesaggio da sogno o da un bel ritratto fotografati con la luce giusta e la giusta disposizione degli elementi?
Al contrario, è molto più difficile suscitare emozioni e stupore attraverso forme, colori, linee e sfumature slegati dal mondo reale. Astratti, appunto. Diventa più difficile perché l’osservatore deve vincere una certa pigrizia, deve abbandonare l’appoggio sicuro di una realtà che ben conosce, per reinventarne una nuova e percorrere nuove strade guidato dalle vaghe suggestioni del fotografo o del pittore.
Concludo con quanto ha affermato il giornalista Riccardo Luna: ” Con il Pixel 4 puoi fotografare un cielo stellato più perfetto di quello reale, ma per fare Starry Night devi essere Van Gogh”.