La fotografia futurista, movimento artistico della prima metà del Novecento che indaga sulla percezione vitale del reale, ruota intorno a due date.
La prima è quella del 1911 quando viene presentato da Anton Giulio Bragaglia il Fotodinamismo.
La seconda riguarda la pubblicazione del Manifesto della fotografia futurista a firma Marinetti e Tato del 1930.
La fotografia futurista si è espressa quindi in due tempi.
Del primo tempo, quello di Anton Giulio Bragaglia, ce ne siamo già occupati con particolare riferimento al Fotodinamismo futurista.
In questa sede ci interessa invece esplorare il secondo tempo, quello della Fotografia futurista “ufficiale”, per confrontarlo col primo e capire cosa è rimasto del futurismo nella fotografia contemporanea.
Fotodinamismo futurista
quello originale
Non è questa la sede per indagare sul rapporto travagliato dei futuristi nei confronti della Fotodinamica. Chi lo desidera può visitare la pagina dedicata al Fotodinamismo futurista.
E’ doveroso però ricordare che la fotografia futurista nasce nel 1911 con la Fotodinamica dei fratelli Bragaglia, i fotografi del primo futurismo, quello originale.
In particolare Anton Giulio Bragaglia annuncia il “dinamismo effettivo, realistico, degli oggetti in evoluzione di moto reale” nel suo saggio “Fotodinamismo futurista”.
Superando la fotografia sequenziale di Marey e Muybridge, Bragaglia rappresenta la dinamica del gesto in una espressione artistica futurista.
Fotografia futurista
quella ufficiale
Il Futurismo ufficiale si interessa alla fotografia solo nel 1930 quando Marinetti e Tato pubblicano il Manifesto della fotografia futurista e si riconciliano con il Fotodinamismo di Bragaglia.
Così sono maturi i tempi del secondo futurismo, quello dell’ampia ricerca innovativa, anche “.. intesa a sviluppare l’arte dei camuffamenti di guerra ..”.
Alla freschezza del movimento morbido e aggraziato della fotografia bragagliana si contrappone ora una fotografia energetica. La realtà viene reinterpretata con fotomontaggi, artifici ottici, scenografie improbabili e tecniche miste tra foto e disegno. Allora la visione di forme e di persone diventa provocatoria, a volte irriverente.
Manifesto della fotografia futurista
Il Manifesto della fotografia futurista dell’11 Aprile 1930 a firma Filippo Tommaso Marinetti e Guglielmo Sansoni (Tato) declama:
“La fotografia di un paesaggio, quella di una persona o di un gruppo di persone, ottenute con un’armonia, una minuzia di particolari ed una tipicità tali da far dire: “Sembra un quadro” è cosa per noi assolutamente superata. Dopo il Fotodinamismo o fotografia del movimento creato da Anton Giulio Bragaglia in collaborazione con suo fratello Arturo, presentata da me nel 1912 alla Sala Pichetti di Roma e imitata poi da tutti i fotografi avanguardisti del mondo, occorre realizzare
queste nuove possibilità fotografiche:
1° Il dramma di oggetti immobili e mobili; e la mescolanza drammatica di oggetti mobili e immobili;
2° il dramma delle ombre degli oggetti contrastanti e isolate dagli oggetti stessi;
3° il dramma di oggetti umanizzati, pietrificati, cristallizzati o vegetalizzati mediante camuffamenti e luci speciali;
4° la spettralizzazione di alcune parti del corpo umano o animale isolate o ricongiunte alogicamente;
5° la fusione di prospettive aeree, marine, terrestri;
6° la fusione di visioni dal basso in alto con visioni dall’alto in basso;
7° le inclinazioni immobili e mobili degli oggetti o dei corpi umani ed animali;
e anche
8° la mobile o immobile sospensione degli oggetti ed il loro stare in equilibrio;
9° le drammatiche sproporzioni degli oggetti mobili ed immobili;
10° le amorose o violente compenetrazioni di oggetti mobili o immobili;
11° la sovrapposizione trasparente o semitrasparente di persone e oggetti concreti e dei loro fantasmi semiastratti con simultaneità di ricordo sogno;
12° l’ingigantimento straripante di una cosa minuscola quasi invisibile in un paesaggio;
13° l’interpretazione tragica o satirica dell’attività mediante un simbolismo di oggetti camuffati;
14° la composizione di paesaggi assolutamente extraterrestri, astrali o medianici mediante spessori, elasticità, profondità torbide, limpide trasparenze, valori algebrici o geometrici senza nulla di umano né di vegetale né di geologico;
15° la composizione organica dei diversi stati d’animo di una persona mediante l’espressione intensificata delle più tipiche parti del suo corpo;
16° l’arte fotografica degli oggetti camuffati, intesa a sviluppare l’arte dei camuffamenti di guerra che ha lo scopo di illudere gli osservatori aerei.
Tutte queste ricerche hanno lo scopo di far sempre più sconfinare la scienza fotografica nell’arte pura e favorirne automaticamente lo sviluppo nel campo della fisica, della chimica e della guerra.
16 possibilità fotografiche futuriste
Tra dramma, spettralizzazioni, fusioni e camuffamenti le possibilità fotografiche che attribuiscono l’appellativo di futurista alla fotografia sono ampie.
Specialmente se, come recita il Manifesto, lo scopo è favorire lo sviluppo della fotografia futurista “.. nel campo della fisica, della chimica e della guerra.”
Per verificarne l’attualità, alle 16 “possibilità fotografiche” futuriste vengono affiancate di seguito 16 fotografie contemporanee che invitano il lettore a un doppio giudizio critico.
Nel primo giudizio, quello formale, va considerata la coerenza di abbinamento tra le immagini e le “possibilità fotografiche”.
Il secondo giudizio, quello di merito, riguarda invece la capacità di queste immagini di far “.. sconfinare la scienza fotografica nell’arte pura ..”.
Due futurismi per la fotografia
Se di futurismi nella fotografia ce ne sono stati due viene spontaneo chiedersi quale dei due sia stato il più rappresentativo. Sarebbe facile scegliere il Manifesto del 1930 in quanto è la dichiarazione ufficiale degli artisti futuristi.
Tuttavia Filippo Tommaso Marinetti nello stesso Manifesto rese omaggio al “.. Fotodinamismo o fotografia del movimento creato da Anton Giulio Bragaglia .. imitato da tutti i fotografi avanguardisti del mondo ..”.
Al Fotodinamismo futurista quindi va il riconoscimento e la paternità della fotografia futurista originale.
Una sola fotografia futurista
Sembra che gli artisti futuristi intendessero saldare il primo tempo del Fotodinamismo bragagliano al secondo tempo, quello del Manifesto della fotografia futurista.
Si potrebbe concludere allora che per raccontare compiutamente la fotografia futurista del Novecento sono necessari due tempi, quello del 1911 e quello del 1930.
Gli artisti futuristi però fecero di più. Scrissero un vero concetto futurista: “.. occorre realizzare .. nuove possibilità fotografiche .. per far sempre più sconfinare la scienza fotografica nell’arte pura ..”
Perciò non vollero solo definire la loro fotografia dell’epoca ma consegnare la fotografia futurista al futuro.
Cosa è rimasto della fotografia futurista
Non ci siamo scordati dell’interrogativo con il quale abbiamo aperto la discussione. Cosa è rimasto del futurismo nella fotografia contemporanea? La risposta breve sarebbe: tanto.
Per scoprire se è vero, le fotografie contenute in questa pagina, tutte scattate tra il 1969 e il 2024, invitano ad un giudizio di merito sulla capacità di continuare a far “.. sconfinare la scienza fotografica nell’arte pura ..”. Non era quello che auspicavano i futuristi?
Nel caso il giudizio sia positivo, allora la fotografia futurista, oltre ai primi due, sta giocando un lungo terzo tempo ancora in corso.
Si potrebbe chiamare fotografia futurista contemporanea.
Giacomo Bucci fotografo futurista
Sebbene non ci siano fotografi artistici contemporanei che si definiscono propriamente futuristi, non si può negare che la fotografia futurista abbia influenzato la fotografia contemporanea.
Molto vicino ai futuristi è Giacomo Bucci fotografo futurista contemporaneo che dal 1969 dedica tutta la sua ricerca alla fotografia movimentista condividendo con la fotodinamica di Bragaglia l’esposizione continua del soggetto sullo stesso piano focale.
Proprio Ando Gilardi nella rivista Photo 13 di aprile 1974 riconosce Giacomo Bucci come valido erede di Anton Giulio Bragaglia in quanto ” .. Bucci aiutato dal mezzo e – naturalmente – da precisa coscienza e sensibilità di quel che esso può consentirgli e lui vuole ottenere, ha tradotto in realtà “diapositiva” le ipotesi – e i sogni – bragagliani .. ”
Bucci infatti predilige la fotografia a colori, prima diapositiva e poi digitale. Differentemente da Bragaglia, però, muove in modo prevalente la macchina fotografica mirando a cogliere non solo il dinamismo reale ma soprattutto l’anima della materia.
Da Bragaglia a Bucci
“Vedendo le immagini di Giacomo Bucci si coglie la continuità della ricerca artistica che, partendo dalla suggestione bragagliana di suscitare “il ricordo della sensazione dinamica di un movimento”, approda alla fotografia con caratteristiche di “arte pura”.
Fra le foto del Portfolio, che si possono vedere nel suo sito, alcune tendono a fissarsi nella memoria in maniera prepotente. Sono le foto dei suoi luoghi del cuore: Milano, soprattutto, e poi la sua Mantova, Londra. Si coglie in Bucci fotografo la capacità di cogliere il genius loci, come lo chiamava Norberg-Schulz, l’anima del luogo con i fantasmi che lo animano.
La fotografia artistica di Bucci che, in fondo, si è sempre mossa fra la citazione bragagliana, – il movimentismo di cui parla Gilardi – e le affinità con l’arte processuale, tipica degli anni Sessanta e Settanta, qui sembra affrontare il percorso performativo per rendere visibile l’atto creativo e affiancare e fondere i due tempi dell’opera: quello narrativo e quello esegetico.”
Commenti
Sono uno studente del master in fotografia della Raffles Milano. Per concludere il mio percorso di studi ho deciso di fare una tesi sulla fotografia futurista.
Cercando sul web un po’ di informazioni, ho trovato il suo sito che mi è sembrato uno dei migliori per quanto riguarda questo argomento.